
Provincia autonoma di Trento 28 aprile 2016
RELAZIONE ILLUSTRATIVA al disegno di legge concernente:
Istituzione di centri di consulenza multidisciplinare per la bigenitorialità
La Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, ratificata con legge nazionale 176/1991, stabilisce che ogni bambino ha diritto ad essere cresciuto dai suoi genitori (art 7). La stessa Convenzione stabilisce inoltre che tale diritto non è derogabile nel caso di separazione della coppia coniugale (art. 9). La Carta di Nizza, parte del Trattato di Lisbona, ribadisce che il bambino ha il “diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse” (art. 24, comma 3).
Tale principio è presente anche nell’ordinamento giuridico italiano, in particolare esso è principio fondante della legge 8 febbraio 2006, n. 54 intitolata “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”, la quale modifica l’articolo 155 del codice civile, che prevede quanto segue: “Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. Infine, l’art. 337-ter del codice civile ribadisce “il diritto [del bambino] di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori; di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
L’Istat rileva che le separazioni e i divorzi sono in costante aumento. Il 72% delle separazioni e il 62,7% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli. Secondo il dato ufficiale ISTAT nel 90,3% dei casi di disgregazione coniugale con figli è stato applicato l’affidamento condiviso, ma il dato non ci dice con quali modalità. La lacuna viene colmata dai dati raccolti dall’Osservatorio Nazionale sul Condiviso di Adiantum che ci informa che nel 93% dei casi il domicilio prevalente del figlio/a è quello della madre. Ricordiamo che la residenza prevalente, pur non essendo prevista dalla legge 54/2006, è di fatto una prassi giuridica recentemente recepita dall’articolo 2 della legge 219 del dicembre 2012 in materia di filiazione. Solo il 2% dei figli di genitori separati vede rispettato pienamente quel diritto ad essere cresciuti da entrambi i genitori in modo paritetico. Mentre agli altri è imposto di vivere l’83% del tempo con il genitore cosiddetto prevalente e con l’altro soltanto il 17% del tempo. Quasi un bambino su tre in Italia è privato del rapporto continuativo con uno dei due genitori.
Innumerevoli studi scientifici internazionali in campo neurobiologico, psicologico, biomedico e sociologico dimostrano l’importanza della compresenza dei genitori nella vita dei bambini per un loro sviluppo psico-fisico equilibrato. Per esempio la deprivazione materna e/o paterna ha effetti misurabili sotto il profilo neuroendocrino sugli equilibri ormonali con effetti negativi sullo sviluppo della prole. I bambini privati di una delle due figure genitoriali, tipicamente il padre, sono più a rischio di povertà e psicopatologie, maggiormente inclini agli attacchi di panico, hanno un più alto tasso di disordini di comportamento, delinquenza, abbandono scolastico, abuso di sostanze e violenza in fase adolescenziale, e sono più vulnerabili alle malattie.
I figli di genitori separati sono perciò le vittime principali della mancata realizzazione della volontà del Legislatore in materia di bigenitorialità.
Una delle cause di questa mancata realizzazione è sicuramente la carenza di informazioni e azioni di sensibilizzazione sulla cultura dell’affido condiviso rivolte ai genitori in fase di separazione, fase caratterizzata da litigiosità in cui spesso il figlio finisce per essere conteso o usato come arma di ricatto. In particolare gli adulti hanno bisogno di essere informati sull’importanza della compresenza dei genitori nella vita dei loro figli dopo la separazione e di essere aiutati a superare non solo il conflitto ma anche gli stereotipi di genere che tendono a relegare la figura paterna in un ruolo marginale e in qualche modo sacrificabile nella cura e nell’educazione del figlio. La mediazione familiare, strumento nato per aiutare i genitori in fase di separazione ad accordarsi per garantire al proprio figlio il diritto alla bigenitorialità è usufruibile in forma privata presso liberi professionisti e in forma gratuita in alcune ASL. L’ordinamento italiano però non prevede l’obbligatorietà per il giudice di informare sull’esistenza di questo strumento.
E’ ruolo delle istituzioni, stando alla recente mozione del 2 ottobre 2015 del Consiglio d’Europa, quello di promuovere la pari responsabilità genitoriale e una forma di affidamento denominata shared residence in cui i figli trascorrono tempi più o meno uguali con ambedue i genitori. La nostra Proposta di Legge vuole essere un atto concreto per raccogliere questo invito e promuovere la cultura della bigenitorialità sul territorio della Provincia Autonoma di Trento, pensando anche ad un modello esemplare da proporre anche all’intera Regione Trentino Alto Adige.
La “violenza domestica” è definita dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia con legge n. 77 del 27 giugno 2013 come “tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”. La convenzione esplicita che vittime di violenza domestica sono donne, uomini e bambini. La stessa legge distingue inoltre la violenza domestica dalla “violenza di genere”, intendendo quest’ultima come una forma specifica di violenza, che colpisce maggiormente le donne, e perpetrata per colpire la donna in quanto donna e per mantenere la donna in posizione subordinata rispetto agli uomini.
Come anche rilevato dalla letteratura sociologica e psicosociale, non tutta la violenza ricevuta dalle donne e non tutta la violenza domestica può essere interpretabile come violenza di genere, ossia come violenza riconducibile alla diseguaglianza di potere e alla rigida separazione dei ruoli nelle società patriarcali. Ci sono altri fattori (dinamiche relazionali e particolarità situazionali, stress, situazione psicologica, patologie, uso di droghe e alcol, violenza appresa, contesto socio-economico, ecc.) che contribuiscono a innescare la violenza e che vanno tenuti in considerazione nell’interpretazione e quindi nella prevenzione e nella risposta assistenziale alle vittime.
Innumerevoli studi internazionali rilevano che la violenza domestica è commessa in modo reciproco e simmetrico dall’uomo e dalla donna, con modalità differenti che rispondono alle tipicità dell’identità maschile e femminile. Inoltre, la violenza fisica perpetrata dalla donna sull’uomo è generalmente meno visibile rispetto a quella perpetrata dall’uomo sulla donna. I bambini sono vittime di violenza domestica maschile e femminile sia in modo diretto sia indiretto (violenza assistita) in quanto spettatori della violenza tra gli adulti della famiglia. In entrambi i casi la violenza genera effetti negativi nello sviluppo psico-fisico del bambino e segna le modalità relazionali anche nella vita adulta.
La risposta istituzionale alla violenza domestica, nonché il discorso pubblico e la rappresentazione nei media, sono focalizzati sulla violenza maschile contro le donne interpretata in chiave di genere, che come abbiamo visto è solo una delle possibili dimensioni del problema sociale della violenza domestica. Questo particolare approccio è confermato nella recente legge n. 119 del 15 ottobre 2013 che prevede un “Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” elaborato “con il contributo delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza” (Art. 5 comma 1).
Inoltre, l’Intesa tra il Governo e le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali del 27 novembre 2014 relativa ai requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, definisce “i Centri antiviolenza” come “strutture in cui sono accolte – a titolo gratuito – le donne di tutte le età ed i loro figli minorenni” (art.1) e stabilisce che tali centri debbano “avvalersi esclusivamente di personale femminile adeguatamente formato sul tema della violenza di genere“ (Art. 3).
Ne consegue che il contrasto istituzionale alla violenza domestica, raccomandato come abbiamo visto dalla stessa Convenzione di Istanbul, resta parziale in quanto non interviene in modo sistematico per accompagnare in un percorso di recupero quelle donne/madri che agiscono violenza nell’ambito familiare (fisica, psicologica, sessuale, economica, ecc. ), e in un percorso di tutela e cura dei bambini/e che vivono in queste famiglie, nonché degli uomini/padri che in questi contesti si trovano nella posizione di vittime. Esistono però sul territorio nazionale, nonché a livello internazionale, centri nati per colmare questo bisogno e che adottano una logica diversa da quella di genere accogliendo tutte le vittime senza distinzione di sesso (alcuni esempi: Centro Antiviolenza Bigenitoriale di Rovereto, Centro Ankyra di Milano, CEAV di Verona, Associazione per i Diritti del Cittadino a L’Aquila). Questo disegno di legge provinciale vuole incentivare, anche sul piano economico, e regolamentare questo emergente settore di intervento socio-sanitario da parte di organizzazioni senza fini di lucro sul territorio della Provincia Autonoma di Trento.
Il conflitto può essere al contempo fattore di disgregazione familiare e violenza, situazioni di estrema vulnerabilità, sia sotto il profilo psicologico sia socio-economico e legale, per tutte le persone coinvolte, in primis i bambini e i loro genitori.
La finalità di questa proposta di legge è la promozione concreta della tutela del diritto dei bambini ad essere cresciuti da entrambi i genitori in un contesto consono a un equilibrato sviluppo psico-fisico (contesto perciò non violento) anche dopo la separazione.
La relazione e il testo del disegno di legge sono stati elaborati grazie alla collaborazione con la dott.ssa Daniela Bandelli e con il Sig. Roberto Buffi Presidente del Centro Antiviolenza Bigenitoriale (CAB) Onlus di Rovereto.
PROPOSTA DISEGNO DI LEGGE , n. 132/XV
Istituzione di centri di consulenza multidisciplinare per la bigenitorialità
Su proposta del Consigliere Filippo Degasperi
Gruppo consiliare MoVimento 5 Stelle
Presentato il 28 aprile 2016
Assegnato alla Quarta Commissione permanente – politiche sociali, sanità
Disegno di legge
Istituzione di centri di consulenza multidisciplinare per la bigenitorialità
INDICE
Articolo 1 – Finalità
Articolo 2 – Azioni a tutela del diritto del minore alla bigenitorialità
Articolo 3 – Centri di assistenza familiare
Articolo 4 – Professionisti operanti nei centri di assistenza familiare
Articolo 5 – Punti d’informazione
Articolo 6 – Disciplina attuativa
Articolo 7 – Disposizione finanziaria
Art. 1
Finalità
- In attuazione del Regolamento del Consiglio d’Europa del 27 novembre 2003 n. 2201 in materia di responsabilità genitoriale la Provincia riconosce il ruolo fondamentale della genitorialità e della complementarietà di entrambi i genitori in un armonico processo di crescita del minore e promuove interviene a sostegno dei genitori separati e divorziati che versano in situazione di grave difficoltà economica, psicologica e sociale, al fine di facilitare i compiti di cura e di educazione dei figli in funzione del preminente interesse del minore.
- Per i fini di cui al comma 1 la Provincia promuove interventi al fine di favorire l’esercizio consapevole della responsabilità genitoriale e di assicurare il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi, nonché di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Art. 2
Azioni a tutela del diritto del minore alla bigenitorialità
- La Provincia promuove azioni di prevenzione e di protezione a sostegno del diritto del minore alla bigenitorialità, valorizzando il servizio di consultorio di cui alla legge provinciale 29 agosto 1977, n. 20 e i compiti da esso svolti dedicati all’orientamento, alla consulenza legale, psicologica, sociale ed educativa genitoriale con specifica attenzione alle situazioni di fragilità e conflitto familiare.
Art. 3
Centri di assistenza familiare
- La Provincia promuove l’istituzione di centri di assistenza familiare finalizzati a fornire sostegno alla coppia nella fase della separazione o del divorzio per raggiungere un accordo sulle modalità di realizzazione dell’affidamento congiunto previsto dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli).
- I centri di cui al comma1 promuovono programmi di assistenza familiare, forniscono servizi informativi, di consulenza legale e psicologica finalizzati a rendere effettivo l’esercizio del ruolo genitoriale in caso di separazione in osservanza delle leggi 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) e 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), nonché percorsi di supporto psicologico diretti al superamento del disagio, al recupero della propria autonomia ed al mantenimento del ruolo genitoriale.
- I centri di assistenza familiare operano in stretto raccordo con la rete dei consultori, con le strutture sanitarie, nonché con enti pubblici e privati perseguenti finalità coerenti con gli obiettivi di questa legge.
Art. 4
Professionisti operanti nei centri di assistenza familiare
- I centri di assistenza familiare, al fine di svolgere in modo adeguato l’attività di cui all’articolo 1, comma 2, si avvalgono delle unità di consulenza multidisciplinare (UCM) composte dalle seguenti figure professionali:
- a) assistente sociale
- b) avvocato
- c) mediatore culturale
- d) mediatore familiare
- e) neuropsichiatra infantile
- f) pedagogista familiare
- g) pediatra
- h) psicologo
- i) psicoterapeuta
- j) sociologo esperto in famiglia e comunicazione.
Art. 5
Punti d’informazione
- I punti di ascolto per il cittadino previsti dall’articolo 45 della legge provinciale sulle politiche sociali forniscono attività di informazione in relazione ai servizi previsti da questa legge e ai soggetti pubblici o privati che sul territorio provinciale prestano assistenza e sostegno alle famiglie e ai minori.
Art. 6
Disciplina attuativa
- La Giunta provinciale entro novanta giorni dall’entrata in vigore di questa legge definisce con deliberazione, sentita la competente commissione consiliare permanente, le modalità di attuazione di questa legge e le forme di raccordo con gli interventi di mediazione familiare, di tutela e sostegno ai minori di cui all’articolo 34 della legge provinciale sulle politiche sociali anche per quanto attiene all’erogazione anticipata delle somme destinate al mantenimento del minore di cui all’articolo 28 bis della legge provinciale 12 luglio 1991, n. 14 (Ordinamento dei servizi socio-assistenziali in provincia di Trento).
Art. 7
Disposizione finanziaria
- Alla maggiore spesa derivante dagli interventi previsti dal disegno di legge stimata nell’importo di 100.000 euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 si provvede con l’integrazione dello stanziamento per i medesimi anni della missione 12 (diritti sociali, politiche sociali e famiglia), programma 12.07 (programmazione e governo della rete dei servizi sociosanitari e sociali), titolo 1 (spese correnti). Alla relativa copertura si provvede mediante riduzione, di pari importo e per i medesimi anni, degli accantonamenti sui fondi di riserva previsti dalla missione 20 (fondi e accantonamenti), programma 01 (fondi di riserva), titolo 1 (spese correnti).
L’articolo su “Il Trentino”:
Centri per la bigenitorialità, Degasperi presenta il suo ddl
3 maggio 2016